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domenica 6 maggio 2012

> I Docks Dora compiono 100 anni









I Docks Dora compiono 100 anni.__ il complesso nasce nel 1912 come magazzino di deposito per la merce sottoposta al controllo daziario, collegato alla rete ferroviaria cittadina con un binario dedicato. Costituito da un ingresso con portineria e padiglioni perimetrali in mattoni rossi, suddivisi in grandi campate in cemento armato e ampie vetrate, è una delle prime opere costruite con il sistema Hennebique. Esaurita la funzione di magazzini alimentari nel 1960, i Docks Dora sono stati riconvertiti in spazi per attività culturali, commerciali e studi d’artista, sale per musicisti, studi di architettura, locali notturni e circoli privati.

Inizialmente destinati, secondo un progetto avanguardistico per l’epoca, a fini industriali di deposito e movimento merci, centro nevralgico dello sviluppo economico e mercantile per la città di Torino nelle prime fasi delle rivoluzione industriale italiana, i Docks Torino Dora non hanno mai cessato di essere popolati e vivacizzati dalle attività più eterogenee. Oggi, forse, è l’unico monumento di archeologia industriale nel Torinese che ha saputo spontaneamente evitare il totale abbandono o l’alternativa distruzione per i fini di riqualificazione del territorio, costituendo, anzi, terreno fertile per attività artistiche ed eventi culturali. Fenomeni che, nel tempo, non solo hanno ridefinito la destinazione dei Docks Dora, ma hanno anche contribuito a mantenere in vita l’intera area. A partire dal progetto siglato da Ernesto Fantini, realizzato tra il 1912 e il 1914, nei locali dei Docks sono nate e si sono avvicendate attività commerciali, circoli privati, locali notturni, sale prova musicali, studi di artisti e musicisti. I Docks Dora sono tra i primi esemplari in Italia di edifici realizzati con l’applicazione di tecnologie, come l’uso del calcestruzzo armato, che risultavano affatto innovative agli esordi del Novecento, in un contesto di pieno sviluppo, progresso e sperimentazione legati all’industria. Divenuti, ora, sede di attività commerciali e, soprattutto, di fermento artistico underground o già intrecciato con i circuiti istituzionali dell’arte contemporanea, a giusto titolo l’attuale progetto di riqualificazione dell’area urbana (Spina 3) ha tenuto saldo l’intento di salvaguardare questo monumento della nostra epoca postindustriale, tuttora pulsante di vita economica e creativa.


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